Osservazioni del denunciante alla 2^ risposta del Governo italiano

Il punto centrale della risposta dell’Esecutivo italiano è l’impegno di procedere verso l’abrogazione delle disposizioni da me denunciate, a condizione che “i ricevitori radio siano sottoposti, per la loro valutazione di conformità, alle disposizioni realizzate nel decreto legislativo del 6 novembre 2007, n. 194 che recepisce la direttiva 2004/108/CE”.

 

L’affermazione sopra riportata sembra superflua, in quanto subordinerebbe l’ingresso dei radioricevitori broadcasting nel mercato italiano semplicemente al rispetto di quanto richiesto dall’Unione ai propri Stati membri con la nuova direttiva EMC. A tale interpretazione – dettata da pura logica – osta però l’utilizzo del congiuntivo presente passivo (che siano sottoposti) anziché del congiuntivo perfetto passivo (che siano stati sottoposti).

 

Pertanto, la lettura del D.lgs. 194/2007 suggerisce cautela a riguardo in quanto, come tra poco vedremo, il legislatore statale italiano in alcuni casi ha operato delle modifiche che non appaiono meramente di carattere stilistico o richieste da adattamenti alla prassi amministrativa del mio Paese.  Approfondiamo ora quanto detto, facendo riferimento prima ai testi normativi e poi alla giurisprudenza comunitaria.

 

A) Direttiva comunitaria e decreto di recepimento, due testi a confronto.

 

v     Art. 3 Direttiva 2004/108/CE (Immissione sul mercato e/o messa in servizio)

 

“Gli Stati membri adottano tutte le misure appropriate affinché le apparecchiature siano immesse sul mercato o messe in servizio solamente se conformi alle prescrizioni della presente direttiva quando sono installate, mantenute ed utilizzate correttamente ai fini previsti.”

 

Art. 4 D.lgs. 194/2007 (Requisiti per l’immissione nel mercato o la messa in servizio) 

 

“Sono immesse nel mercato o messe in servizio soltanto le apparecchiature che risultano conformi alle disposizioni del presente decreto legislativo, quando installate correttamente, sottoposte ad appropriata manutenzione ed utilizzate conformemente alla loro destinazione.”

 

Commento: le due frasi sottolineate non sono affatto simili, in quanto la “loro destinazione” contenuta nel testo statale non è sufficientemente precisata (potrebbe essere una “destinazione” di carattere amministrativo tale da nascondere, ad esempio, un implicito divieto di commercializzare ricevitori radio operanti su frequenze diverse da quelle indicate nella normativa italiana oggi impugnata  ma – come abbiamo ricordato nei punti 8.11 ed 8.12 della nostra denuncia – individuate ed assegnate agli Stati dai trattati internazionali poste a disciplina (e tutela) delle radiodiffusioni.

 

 Se così fosse riemergerebbero le non meglio precisate “esigenze” del Decreto ministeriale 548/1995, oggetto della nostra denuncia ed esaminate al punto 8.6 della medesima.  

 

Ricordiamo ancora una volta che il rispetto di tali trattati è volto ad impedire reciproche interferenze tra le stazioni radio tutelando, di conseguenza, il loro diritto di trasmissione: diritto il quale sarebbe vano se poi fosse impedito il corrispettivo diritto all’ascolto.

 

E’ appena il caso di ricordare, invece, che i “fini previsti” di cui al testo della direttiva non possono essere che quelli di carattere normativo (mancando infatti l’aggettivo “loro” riferito invece alle apparecchiature), individuabili mediante l’interpretazione dei Trattati istitutivi e, in generale, dell’acquis comunitario.

 

 

 

v     Art. 4 Direttiva 2004/108/CE (Libera circolazione delle apparecchiature)

 

1. Gli Stati membri non ostacolano, per motivi concernenti la compatibilità elettromagnetica, l'immissione sul mercato e/o la messa in servizio sul loro territorio di apparecchiature conformi alla presente direttiva.

2. Le prescrizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione in uno Stato membro delle seguenti misure speciali riguardanti la messa in servizio o l'utilizzazione di un'apparecchiatura:

a) misure per rimediare ad un problema di compatibilità elettromagnetica esistente o prevedibile in un luogo determinato;

b) misure adottate per motivi di sicurezza per proteggere le reti pubbliche di telecomunicazione o le stazioni riceventi o emittenti quando sono utilizzate per scopi di sicurezza in situazioni relative allo spettro chiaramente definite.

Fatta salva la direttiva 98/34/CE, gli Stati membri notificano tali misure speciali alla Commissione e agli altri Stati membri.

Le misure speciali che sono state accettate sono pubblicate dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

3. Gli Stati membri non ostacolano la presentazione e/o la dimostrazione, in occasione

difiere commerciali, esposizioni o manifestazioni simili, di apparecchiature non conformi alla presente direttiva, a condizione che sia chiaramente segnalato che tali apparecchiature non possono essere immesse sul mercato e/o messe in servizio fintantoché non sono state rese conformi alla presente direttiva. La dimostrazione del funzionamento può avvenire solo a condizione che siano adottate misure adeguate per evitare perturbazioni elettromagnetiche.

 

Art. 6 D.lgs. 194/2007 (Libera circolazione delle apparecchiature)

            1. Le disposizioni del presente decreto non ostano all'applicazione, su iniziativa delle autorità competenti di cui all'articolo 2, delle seguenti misure speciali riguardanti la messa in servizio o l'utilizzazione di un'apparecchiatura:

a) misure per rimediare a un problema di compatibilità elettromagnetica esistente o prevedibile in un luogo determinato;

b) misure adottate per motivi di sicurezza per proteggere le reti pubbliche di comunicazione elettronica o le stazioni riceventi o emittenti, quando sono utilizzate per scopi di sicurezza in situazioni relative allo spettro chiaramente definite.

2. Fatto salvo quanto previsto dalla direttiva 98/34/CE, le misure speciali di cui al comma 1 sono notificate dalle autorità competenti alla Commissione europea e agli altri Stati membri.

3. Le misure speciali che sono state accettate sono quelle pubblicate dalla Commissione europea nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

4. In occasione di fiere commerciali, esposizioni e manifestazioni simili è ammessa l'esposizione e la dimostrazione di una apparecchiatura che non rispetta le disposizioni del presente decreto legislativo, purché un'indicazione visibile segnali chiaramente tale circostanza ed avverta che l'apparecchiatura non può essere commercializzata o messa in servizio, finchè non è stata resa conforme alle predette disposizioni. La dimostrazione del funzionamento avviene solo se sono adottate misure adeguate per evitare perturbazioni elettromagnetiche.

Commento: è sufficiente osservare che il testo statale non riporta il comma 1 della direttiva; un comma che fornisce all’intero testo normativo il criterio ermeneutico della “proporzionalità”. E senza il quale si corre il rischio quanto meno di duplicare i controlli.

 

B) La giurisprudenza comunitaria in materia di radiocomunicazioni.

 

Nell’ambito delle radiocomunicazioni, la giurisprudenza comunitaria ha già avuto occasione – per fattispecie diverse ma comunque affini alla nostra -   di svolgere ragionamenti ed affermare princìpi che si pongono in netto contrasto con la eventuale pretesa dell’Esecutivo italiano di sottoporre i radioricevitori broadcasting ad adempimenti ulteriori alla marcatura CE.

 

Ø                 Corte di giustizia delle Comunità europee, sentenza del 24 marzo 1994 (numero CELEX 61992J0080)

 

Motivazione della sentenza

(§ 17) La censura della Commissione deve essere intesa nel senso che essa riguarda il requisito di un’approvazione per tutti gli apparecchi riceventi, ad eccezione degli apparecchi destinati esclusivamente alla ricezione delle trasmissioni di radiodiffusione sonora o televisiva, e ciò indipendentemente dalla questione se questi apparecchi possano creare perturbazioni radioelettriche o se essi siano stati fabbricati od omologati in un altro Stato membro.

 

(§ 18) Il governo belga ha esplicitamente ammesso che il requisito di un' omologazione per ogni apparecchio ricevente, qualunque esso sia, costituisce un ostacolo al commercio intracomunitario, sproporzionato rispetto all' obiettivo che persegue. Ma la difesa del governo belga consiste nel sostenere che il presente ricorso è privo di oggetto, data l' offerta, nella risposta al parere motivato, di sostituire la procedura di omologazione con una procedura di semplice dichiarazione e data la sostituzione effettuata mediante istruzioni agli appositi servizi.

 

(§ 21) Stando così le cose e senza che sia necessario esaminare la questione se, per taluni apparecchi unicamente riceventi, ma che possono creare perturbazioni, una procedura di omologazione sia appropriata, occorre constatare che, adottando e mantenendo in vigore un regime di omologazione applicato indistintamente a tutti gli apparecchi unicamente riceventi di radiocomunicazione, con la sola eccezione degli apparecchi destinati esclusivamente alla ricezione delle trasmissioni di radiodiffusione sonora o televisiva, previsto dall' art. 7 della legge 30 luglio 1979 relativa alle radiocomunicazioni e dai decreti di attuazione relativi alle radiocomunicazioni, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono ai sensi dell' art. 30 del Trattato.

 

Massima della sentenza

(§ 3) Indipendentemente dalla questione se per taluni apparecchi, che possono creare perturbazioni, una procedura di omologazione sia appropriata, occorre considerare che viene meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell' art. 30 del Trattato uno Stato membro che adotta e mantiene in vigore un sistema di omologazione applicato indistintamente a tutti gli apparecchi unicamente riceventi di radiocomunicazione, con la sola eccezione degli apparecchi destinati esclusivamente alla ricezione delle trasmissioni di radiodiffusione sonora o televisiva. Un tale requisito costituisce infatti un ostacolo al commercio intracomunitario, sproporzionato rispetto all' obiettivo che persegue.

 

Ø                  Conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl del 8 marzo 2001 (numero CELEX 61999C0390)

 

(§ 49) Sorgono tuttavia seri dubbi in merito alla questione se le disposizioni controverse relative all'iscrizione nel registro siano, quali requisiti per l'immissione in commercio dei decodificatori e per l'offerta dei servizi televisivi digitali, «necessarie» ai sensi della giurisprudenza della Corte. Quest'ultima ha più volte dichiarato che la restrizione di una libertà fondamentale può essere «necessaria» solo se non esista un modo più flessibile che permetta di conseguire lo scopo perseguito, limitando in misura minore o non limitando affatto la libertà fondamentale.

(§ 51) Sembra pertanto che la commissione per il mercato delle telecomunicazioni espleti anche funzioni di controllo della concorrenza e che le iscrizioni nel registro da essa tenuto siano intese ad agevolare la sorveglianza della situazione della concorrenza sul mercato della televisione digitale. A tale riguardo si potrebbe anche sostenere che - come dedotto dal governo spagnolo - le disposizioni relative all'iscrizione nel registro costituiscano attuazione delle disposizioni della direttiva 95/47/CE.

(§ 52) Ciononostante, una misura nazionale, ancorché volta all'attuazione di una direttiva, deve tener conto degli ostacoli alle libertà fondamentali; in particolare, nel caso di specie, essa dev'essere «necessaria ed adeguata» per il conseguimento degli scopi. (…)

(§ 54) E' controverso tra le parti se e in quale misura controlli già effettuati in altri Stati membri con riguardo al soddisfacimento di specificazioni tecniche della direttiva 95/47/CE debbano essere presi in considerazione nell'ambito dei pareri o relazioni tecniche emessi dalle autorità nazionali (in prosieguo anche: la «certificazione») ovvero debbano condurre, se del caso, alla decadenza dei relativi obblighi.

(§ 57) Secondo costante giurisprudenza della Corte, siffatti «doppi controlli» costituiscono restrizioni ingiustificate delle libertà fondamentali, se e nella misura in cui essi riesaminino requisiti già analizzati nel paese d'origine. Ciò vale in particolare quando si debba presumere che esistano possibilità di controllo sufficientemente efficaci e condizioni sufficientemente uniformi in forza di disposizioni comunitarie in materia di armonizzazione.

 

Ø                 Corte di giustizia delle Comunità europee (Sesta Sezione), sentenza del 20 giugno 2002 (numero CELEX 62000J0388)

 

Motivazione della sentenza

(§ 15) l'art. 1, della decisione n. 3052/95 prevede quanto segue:

«Quando uno Stato membro si oppone alla libera circolazione o all'immissione in commercio di un certo modello o di un certo tipo di prodotto fabbricato o commercializzato legalmente in un altro Stato membro, esso notifica alla Commissione tale misura, qualora questa abbia, quale effetto diretto o indiretto,

- un divieto generale,

- un diniego di autorizzazione di immissione in commercio,

- la modifica del modello o del tipo di prodotto in causa ai fini dell'immissione o del mantenimento in commercio, o

- un ritiro dal commercio».

(§ 36) Il giudice nazionale chiede in sostanza se il diritto comunitario osti a norme e/o  prassi amministrative nazionali che, demandando le procedure di valutazione di conformità al fine dell'immissione sul mercato e di messa in servizio delle apparecchiature radio alla discrezionalità amministrativa, vietino agli operatori economici, in difetto dell'omologa nazionale, di importare, commercializzare o detenere per la vendita apparecchi radio, senza che esista la possibilità di provare in modo equipollente e meno oneroso la conformità di detti apparecchi ai requisiti riguardanti l'appropriato impiego delle radiofrequenze consentite dall'ordinamento nazionale.

(§ 38) La compatibilità di una normativa come quella di cui alla causa principale deve quindi essere esaminata con riferimento all'art. 28 CE.

(§ 39) Ai sensi dell'art. 28 CE, sono vietate, nei commerci tra gli Stati membri, le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, è da considerarsi misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative qualsiasi normativa commerciale degli Stati membri atta ad ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio intracomunitario (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5, e 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punto 69).

(§ 40) Tuttavia, ai sensi dell'art. 30 CE, l'art. 28 CE lascia impregiudicati i divieti o le restrizioni all'importazione giustificati, in particolare, da motivi di pubblica sicurezza, a condizione che tali divieti o restrizioni non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.

(§ 41) Occorre inoltre ricordare che, secondo un'altra costante giurisprudenza (v., in particolare, sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, detta «Cassis de Dijon», Racc. pag. 649, punto 8), in mancanza di una normativa comune sui prodotti di cui trattasi, gli ostacoli alla libera circolazione intracomunitaria derivanti da disparità delle normative nazionali vanno accettati qualora una normativa di questo genere, applicabile indistintamente ai prodotti nazionali e ai prodotti importati, possa essere giustificata in quanto necessaria per rispondere ad esigenze imperative del diritto comunitario, quali quelle attinenti alla tutela degli utenti e al buon funzionamento della rete pubblica di telecomunicazioni (v. sentenza 13 dicembre 1991, causa C-18/88, GB-Inno-BM, Racc. pag. I-5941, punti 30 e 31).

(§ 42) Sia essa fondata sui casi esplicitamente previsti all'art. 30 CE o su esigenze imperative riconosciute dalla giurisprudenza, una normativa nazionale che deroga all'art. 28 CE può essere giustificata solo in quanto necessaria per il conseguimento dell'obiettivo autorizzato e se esso non può essere raggiunto con mezzi meno restrittivi della libera circolazione delle merci all'interno della Comunità (v., in particolare, sentenze 2 marzo 1983, causa 155/82, Commissione/Belgio, Racc. pag. 531, punto 12, e GB-Inno-BM, citata, punto 33).

(§ 43) A tal riguardo la Corte ha già statuito che è configurabile come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, ai sensi dell'art. 28 CE, la normativa di uno Stato membro che vieti di importare, commercializzare o detenere a fini di vendita apparecchiature radio prive di contrassegno di omologazione nazionale, come nella normativa di cui alla causa principale (v. sentenza 24 marzo 1994, causa C-80/92, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-1019, punto 21).

(§ 45) Ciononostante, dall'ordinanza di rinvio emerge che la normativa nazionale permette all'operatore economico di dimostrare la conformità di tali attrezzature solo facendo apporre il contrassegno di omologazione nazionale. Orbene, una condizione del genere è palesemente sproporzionata rispetto all'obiettivo perseguito in tale normativa, in quanto non permette all'operatore economico di dimostrare in maniera meno onerosa la conformità delle dette attrezzature ai requisiti nazionali e in quanto costituisce una duplicazione di controlli già effettuati in un altro Stato membro.

(§ 46) Da quanto precede discende che una normativa nazionale come quella di cui alla causa principale non può essere giustificata né in virtù dell'art. 30 CE, né in base alle esigenze imperative riconosciute dalla giurisprudenza.

(§ 47) Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione nel senso che l'art. 28 CE vieta norme e prassi amministrative nazionali che, demandando le procedure di valutazione di conformità al fine dell'immissione sul mercato e della messa in servizio delle apparecchiature radio alla discrezionalità amministrativa, vietino agli operatori economici, in difetto dell'omologazione nazionale, di importare, commercializzare o detenere per la vendita apparecchi radio, senza la possibilità di provare in modo equipollente e meno oneroso la conformità di detti apparecchi ai requisiti riguardanti l'appropriato impiego delle radiofrequenze consentite dall'ordinamento nazionale.

(§ 52) La prima frase dell'art. 6, n. 1, della direttiva[1] impone agli Stati membri di provvedere affinché gli apparecchi siano immessi sul mercato soltanto se rispettano gli opportuni requisiti essenziali di cui all'art. 3, nonché le altre disposizioni pertinenti della detta direttiva. La seconda frase[2] della detta disposizione prevede che tali apparecchi non sono soggetti ad ulteriori esigenze secondo la normativa nazionale per quanto riguarda l'immissione sul mercato.

(§ 56) L'art. 7, n. 2, della direttiva prevede che, «fatto salvo il paragrafo 1», gli Stati membri possono limitare la messa in servizio di apparecchiature radio per determinate ragioni tassativamente elencate, cioè per motivi connessi all'uso efficace ed appropriato dello spettro delle radiofrequenze, alla necessità di evitare interferenze dannose o a questioni di sanità pubblica. Tale deroga presuppone un esame, da parte dello Stato membro interessato, degli elementi di fatto concorrenti presenti e non dispensa quest'ultimo dall'obbligo, derivante dal n. 1 della detta disposizione, di esaminare ogni elemento probatorio relativo alla conformità degli apparecchi in questione. Essa non riguarda quindi una normativa nazionale che obbliga ad apporre un contrassegno di omologazione nazionale senza prevedere la possibilità di verificare la conformità degli apparecchi alle disposizioni sostanziali relative al loro uso.

(§ 61) Inoltre, come risulta dal punto 56 della presente sentenza, l'art. 7, n. 2, della direttiva consente agli Stati membri di derogare alla libertà di messa in servizio delle apparecchiature radio per determinate ragioni tassativamente elencate, tra le quali non figura il requisito di un contrassegno di omologazione nazionale senza controllo materiale della conformità degli apparecchi in questione.

(§ 68) L'art. 1 della decisione n. 3052/95 riguarda i provvedimenti con cui uno Stato membro si oppone alla libera circolazione di prodotti fabbricati o commercializzati legalmente in un altro Stato membro. Conformemente all'art. 2, ultimo trattino, della detta decisione, tale nozione di misura è definita come «qualsiasi misura diversa da una decisione giudiziaria». Tale nozione comprende quindi tutti i provvedimenti adottati da uno Stato membro, ad eccezione delle decisioni giudiziarie, che abbiano l'effetto di limitare la libera circolazione delle merci legalmente fabbricate o commercializzate in un altro Stato membro, qualunque sia la loro forma o l'autorità che le ha emanate.

(§ 69) Ai sensi dell'art. 1 della decisione n. 3052/95, una misura di questo tipo che abbia, quale effetto diretto o indiretto, in particolare, un divieto generale, un diniego di autorizzazione di immissione in commercio o un ritiro dal commercio, deve essere notificata alla Commissione. Dal momento che essa vieta l'importazione o la commercializzazione di merci che non recano il contrassegno di omologazione nazionale, una disposizione di diritto interno come l'art. 398 del codice postale è soggetta a tale obbligo di notifica.

(§ 79) Per tale ragione, un regime sanzionatorio diretto ad assicurare l'applicazione di una normativa nazionale non conforme alle norme comunitarie deve essere dichiarato in contrasto con il diritto comunitario senza che sia necessario valutare la sua conformità ai principi di non discriminazione o di proporzionalità.

 

Commento: quanto sopra esposto permette agevolmente di concludere che il diritto comunitario osterebbe – senza dubbio alcuno – ad una eventuale pretesa dello Stato italiano di sottoporre i radioricevitori broadcasting (importati o acquistati fuori del territorio italiano ma regolarmente marcati CE) ad una ulteriore valutazione di conformità ai dettami del D.lgs.  194/2007.

Si suggerisce pertanto di respingere le condizioni proposte dal Governo del mio Paese.

 

 



[1]   Trattasi della direttiva 1999/5/CE.

[2]   “2. Essi non sono soggetti ad ulteriori disposizioni nazionali per quanto riguarda l'immissione sul mercato”

 A tale proposito, osserviamo che tale principio è contenuto – nella nuova direttiva 2004/108/CE – all’art. 4 (1. Gli Stati membri non ostacolano, per motivi concernenti la compatibilità elettromagnetica, l'immissione sul mercato e/o la messa in servizio sul loro territorio di apparecchiature conformi alla presente direttiva.) ma ricordiamo anche che proprio tale comma non è stato riportato nel testo del decreto n. 194/2007  adottato dal Governo italiano in attuazione della nuova direttiva EMC.